I Mantra sono anche considerati suoni archetipali. Quello che simbolizzano dipende dal contesto e dalla mente della persona che li ripete. Studi sul simbolismo dei suoni hanno dimostrato che i suoni delle vocali hanno un significato se siamo o no di loro consapevoli. Inoltre è possibile svelare un simbolismo situato su più livelli, associato ad ogni suono.
Così, anche se non li conosciamo, i mantra non sono semplicemente l’espressione fonetica di un cerimoniale privo di significato – nessuna espressione vocale è completamente priva di significato-, ma vibrazioni, che, ripetute opportunamente, hanno effetti generalmente positivi su mente, corpo e spirito. I mantra hanno un significato specifico a seconda del contesto in cui operano: il mantra “Om” per esempio ha un significato presso gli Indù ed un altro presso i Buddisti. L’analisi del Kukai, un erudito Buddista del IX secolo, è rivelatrice.
Mentre il tantra Indù si soffermava sia sulle lettere che sui suoni come espressione del divino, il Buddhismo itinerante dava maggiore enfasi alla parola scritta. La Cina non possedeva un linguaggio ecclesiastico unificato come il Sanscrito, pertanto realizzarono la loro unità culturale mediante un linguaggio scritto, flessibile nella pronuncia e più mirato nell’espressione dei concetti. Di conseguenza i Cinesi riposero nella scrittura molta più considerazione dei missionari Buddisti Indiani. Così la scrittura dei mantra divenne una pratica spirituale loro specifica.
Mentre i Bramini ponevano l’attenzione su una corretta pronuncia, i Cinesi, in realtà Buddisti del lontano oriente erano più interessati alla corretta scrittura. La pratica di scrittura dei mantra, di trascrizione dei testi come pratica spirituale, divenne molto raffinata in Giappone, in cui ebbe un notevole sviluppo la scrittura delle Sutra Buddiste, attualmente le sole conosciute. Tuttavia anche in India, in molte sette viene praticata la ripetizione scritta in Sanscrito dei mantra.
In un prossimo articolo vedremo I Mantra nell’Induismo.