Parliamo di… Mantra ayurvedico

La parola mantra deriva dalla combinazione delle due parole sanscrite manas (mente) e trayati (liberare). Il mantra si può quindi considerare come un suono in grado di liberare la mente dai pensieri.

Sostanzialmente consiste in una formula (una o più sillabe, o lettere o frasi), generalmente in Sanscrito, che vengono ripetute per un certo numero di volte al fine di ottenere un determinato effetto, principalmente a livello mentale, ma anche, seppur in maniera ridotta, a livello fisico ed energetico.

Esistono moltissimi mantra per gli scopi più diversi; la maggior parte sono in sanscrito, ma ne esistono anche in altre lingue. Il mantra più conosciuto è il mantra Om (AUM).

In Tibet, molti buddhisti incidono i mantra nella roccia come forma di devozione.

Il loro uso varia a seconda delle scuole spirituali o delle filosofie. Vengono principalmente utilizzati come amplificatori spirituali, parole e vibrazioni che inducono nei devoti una graduale concentrazione. I mantra vengono utilizzati anche per accumulare ricchezza, evitare pericoli, o eliminare nemici. I Mantra hanno origine in India all’interno dell’Induismo Vedico e nel Jainismo, popolari in diverse e moderne pratiche spirituali che si rifanno seppur in modo impreciso alle antiche pratiche delle religioni Orientali.

I Mantra sono considerati come suoni vibrazionali, a causa della grande enfasi che si pone alla loro corretta pronuncia (grazie allo sviluppo della scienza fonetica, in India, migliaia di anni fa). Il loro scopo è liberare la mente dalla realtà illusoria e dalle inclinazioni materiali. Il processo di ripetizione di un Mantra è definito cantilena.

Un mantra ha due aspetti: il primo è manana, e significa che ciò che si è ascoltato deve penetrare nella mente; il secondo è trānia, e vuol dire che qualunque cosa sia penetrata nella mente vi deve essere fermamente stabilita e preservata. I mantra possono essere strumenti di adorazione, preghiera, terapia, avanzamento spirituale, purificazione o di offerta rituale. Essi sono suddivisi in dieci karma (azioni).

  1. Śānti: (della pace profonda) libera da malattie, problemi psicologici, paura, illusione e difficoltà mondane e ambientali; recitati senza aspettative od attaccamenti.

  2. Istambhan: (che paralizza) servono per fermare, in natura, ogni tipo di essere vivente od oggetto inanimato.

  3. Mohana: (attraente) usati per affascinare uomini, donne o animali, in questa categoria rientrano mesmerismo e ipnotismo; noto anche come Sammoha.

  4. Uchchatan: (che turba) servono a turbare l’equilibrio mentale, aumentano il dubbio, l’incertezza, la paura, le delusione; la persona che ne subisce l’influenza agisce come se fosse posseduta.

  5. Vaśikaran: (controllo della coscienza) servono a ridurre in schiavitù; chi ne subisce l’effetto perde capacità di discriminare diventando come una marionetta.

  6. Ākarśan: servono ad attrarre persone che vivono lontano.

  7. Jrambhan: servono per cambiare paradigmi di comportamento, chi li subisce si comporta secondo il volere di chi li usa.

  8. Vidweśan: dividono due persone, creano rabbia, odio, gelosia, aggressività reciproche; i comportamenti rimangono invariati cambiano solo quelli in relazione alla persona selezionata.

  9. Puśti: servono per accrescere fama, ricchezza, prestigio, buona volontà, condizione sociale e potere proprio.

  10. Bija: sono mantra di sintesi con un numero limitato di sillabe e sono considerati più potenti degli altri.

I Mantra hanno delle caratteristiche in comune con le formule magiche, ossia di trasmutare in forma di azione il desiderio o la volontà umana. Il Dr. Edward Conze, studioso diBuddismo, interpreta frequentemente la parola “mantra” come “formula magica”. Spesso si ritiene che i suoni orali abbiamo poteri magici, o addirittura siano l’espressione vocale del Divino.

Per gli autori delle scritture Indù delle Upaniṣad, la sillaba Aum stessa costituisce un mantra, e rappresenta Brahman, il Dio supremo, colui che ha creato l’universo.

La sola pronuncia corretta di questa sillaba consente l’esperienza diretta di illuminazione, si sperimenta direttamente Dio. Secondo Kūkai, importante maestro buddhista giapponese del IX secolo, tutti i suoni siano la voce di Dharmakaya Buddha cioè, nei termini del pensiero Yogico e delle Upaniṣad, questi suoni sarebbero la manifestazione della realtà ultima.

Tuttavia non si deve pensare che questo principio valga esclusivamente per le culture orientali. Le parole hanno comunque un certo potere sulla natura sottile dell’essere umano. Se si accetta anche il collegamento etimologico con la parola “manas”, che significa “mente”, e “trana” , “protezione”, allora si desume che il “mantra” sia qualcosa in grado di proteggere la mente. Tuttavia in pratica è stato possibile dimostrare che vanno al di là di una semplice funzione di protezione mentale. Per molte culture le lettere scritte hanno un potere. Le lettere possiedono persino una funzione oracolare.

Invece in India a causa di particolari condizioni storiche la parola scritta è stata sempre considerata nettamente inferiore, come importanza, all’espressione orale. I Bramini erano la casta sacerdotale del popolo Hindù, coloro che conservavano le sacre scritture, inizialmente dei Veda, più tardi anche delle Upaniṣad. Per anni, solo loro furono a conoscenza dei mantra e delle formule sacre cantate in ogni occasione importante.

Tuttavia, con l’avvento delle scuole Indù di Yoga, Vedānta, Tantra e Bhakti, il mantra è entrato a far parte delle pratiche religiose consuete.

Tale era, in questo contesto, l’influenza della natura elitaria della conoscenza sui mantra, che persino i Buddisti, che ripudiavano completamente l’idea delle caste e dell’efficacia degli antichi rituali, chiamavano se stessi i shravakas, ossia “gli ascoltatori”. In India una persona saggia viene chiamata “un buon ascoltatore”.

In un prossimo articolo parleremo di Mantra come suoni archetipali.

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