Ne uccide più la lingua che la spada

Ne uccide più la penna (anzi la lingua) che la spada. Secondo uno studio condotto da ricercatori statunitensi e pubblicato sulla rivista ‘Psychological Science‘, sembra che il ricordo di una sofferenza fisica svanisca più facilmente di quello di un dolore psicologico, di una brutta esperienza vissuta nel rapporto con gli altri.

Il problema, con i ‘dolori dell’anima’, sta nella mente: il ricordo di questi eventi è più duro a morire, e crea più sofferenza rispetto a un episodio che ci ha fatto star male, ma solo da un punto di vista fisico.

Per dimostrare la loro idea i ricercatori hanno eseguito quattro esperimenti. Nei primi due hanno chiesto ai volontari di definire il livello di sofferenza che provavano quando cercavano di rivivere un’esperienza fisicamente o socialmente dolorosa: dopo dettagliati racconti di ogni episodio, i partecipanti descrivevano come si sentivano. Gli ultimi due esperimenti erano simili, ma i volontari in più dovevano eseguire anche dei test cognitivi con diversi livelli di difficoltà. Il tutto subito dopo aver ricordato un fatto doloroso a livello fisico o psicologico.

I risultati? Per le persone che hanno partecipato agli esperimenti, rivivere un evento socialmente doloroso è stato decisamente peggiore: hanno sofferto in modo più intenso degli altri. E una prova del nove arriva dagli ultimi due esperimenti. Infatti le persone che avevano rivissuto il ricordo di una brutta esperienza fisica, erano più brave nell’eseguire i quiz di difficoltà mentale rispetto agli altri. Come dire, ricordare un dolore fisico ci sconvolge meno di una sofferenza psicologica.

Una possibile spiegazione, secondo gli scienziati, potrebbe celarsi nell’evoluzione del cervello umano, in particolare dell’area della corteccia cerebrale, responsabile del pensiero complesso, della percezione e dell’elaborazione del linguaggio.

“L’evoluzione della corteccia cerebrale – spiegano gli studiosi – certamente ha migliorato l’abilità degli esseri umani di adattarsi e interagire con gruppi e comunità, e di rispondere al dolore associato alle interazioni sociali”. Ma la potenza della corteccia cerebrale potrebbe averci dotato anche di una capacità involontaria: “quella di rivivere, e sperimentare quasi come fosse la prima volta, la sofferenza dovuta a un dolore di tipo sociale”.

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